venerdì 29 novembre 2013

Buone notizie: permessi di allattamento per padri e pari opportunità

Abbiamo diverse volte preso in esame la figura del padre, così come ce la raccontano i media: tra uomini-bambocci incapaci di cambiare un pannolino e padri che giocano solo con figli maschi, uomini che non sono capaci di pettinare le proprie bambine, e il denigrante neologismo “mammo”, la situazione non è rosea.
Sappiamo però che di padri veramente desiderosi di partecipare in modo attivo alla vita dei propri figli fin dall’origine ce ne sono sempre di più e sappiamo anche che, con una maggiore e reale partecipazione del padre alla cura e alla crescita dei figli, non solo migliorano i rapporti tra i figli e i loro papà, ma anche quelli tra la madre e il padre e anche la situazione femminile per quello che riguarda il lavoro.
Perché la famiglia si costruisce in due, perché i figli non sono solo di competenza della donna, perché una genitorialità davvero condivisa, aiuta i bambini e le bambine ad avere una visione meno stereotipata dei ruoli in casa, facendoli, a loro volta, crescere meglio.
Ma cosa può fare un neo padre che voglia partecipare alla cura dei suoi figli fin dalla loro nascita?
Può chiedere i permessi di allattamento, anche lui! Sarebbe interessante chiedersi quanti siano i padri che abbiano chiesto questa misura di sostegno alla genitorialità. Possiamo ipotizzare che non siano proprio molti (anche se in aumento) e, certo, non (solo) per colpa loro. Resistenze culturali, sfottò dei colleghi, stereotipi che pendono anche sul capo dei padri, degli uomini che si sentono giudicati come meno “virili” se scelgono la famiglia, invece del lavoro.
E i datori di lavoro come si comportano quando un papà chiede i permessi di allattamento?
In Sardegna, un paio di anni fa, in una coppia in cui l’uomo fa il poliziotto e la donna la casalinga, sono nat* due gemellin* (alcuni articoli parlano di gemellini, altri di gemelline, ma non ha importanza).
Il papà ha chiesto al datore di lavoro (il Ministero dell’Interno) i permessi di allattamento per un* sol* dei bambin*, per non mancare troppe ore al lavoro, ma desideroso di stare accanto alla moglie, conscio che crescere due gemell* e prendersi cura di loro è un lavoro immane, che si aggiungeva a quello che la donna svolgeva già in casa.
Il Ministero dell’Interno, però, ha negato il permesso richiesto, con la motivazione che non ci fosse bisogno di un permesso per il padre, visto che la moglie era casalinga e dunque, in grado, per il Ministero di occuparsi da sola della prole.
E’ difficile agire contro una decisione del proprio datore di lavoro. E’ difficile normalmente e ancor più in tempi di crisi e maggiormente ancora se sei consapevole del fatto che, senza il tuo lavoro, la famiglia che hai costruito finirebbe in rovina.
E allora che fare? Il poliziotto (che, non lo nego, gode della mia simpatia) si è rivolto alla Consigliera di parità della Provincia di Cagliari che si è rivolta al TAR della Sardegna e ha vinto. E ora il Ministero dovrà pagare lo stipendio di ogni singolo giorno di permesso che il padre non ha potuto usufruire, visto che ormai sono passati due anni da quando glielo aveva negato.
Ha vinto. Una vittoria, una sentenza che “farà la storia”: sancisce la parità tra i due genitori nell’importanza che entrambi rivestono nella crescita dei figli.
E’ tutta bella questa storia e regala molte speranze.
C’è un uomo desideroso di fare il padre e di stare accanto alla compagna durante l’allattamento dei bambini. C’è un uomo che non si arrende di fronte al diniego del suo datore di lavoro dei permessi richiesti.
C’è un’Istituzione (la Consigliera di Parità della Provincia) che risponde, si attiva e porta avanti con successo una istanza sacrosanta.
C’è una speranza per i lavoratori che subiscono ingiustizie e che non osano, per timore di perdere il posto, provare a far valere i loro diritti.
C’è la pubblicazione della sentenza del TAR il 25 novembre 2013, giornata in cui nel mondo si parla di violenza di genere. Quasi un “simbolo”, un modo per dichiarare che la violenza di genere si elimina anche portando una più equa ripartizione del lavoro di casa e di cura dei bambini all’interno delle famiglie, in modo da offrire modelli di donne e uomini, di madri e padri, di genitori più rispettosi e meno “imposti”, per lasciare ai genitori la libertà di scegliere se e come partecipare all’avventura appena iniziata della cura dei propri bambini.

Fonte: agoravox.it

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