mercoledì 17 dicembre 2008

Il Sud è frenato dai fondi pubblici

Sul numero di Panorama Economy in edicola è stato pubblicato un mio articolo sul rapporto Unicredit, che sostiene che i finanziamenti statali sono "inutili, se non dannosi" per l'innovazione delle medie imprese meridionali.
Qui il link all'articolo.

mercoledì 10 dicembre 2008

Mega pile made in Caserta

Sul numero di Panorama Economy in edicola questa settimana è stato pubblicato un mio articolo intitolato "Mega pile made in Caserta".
Qui il link per visualizzare il sommario di Economy in formato .pdf.

mercoledì 5 novembre 2008

Il business resta in porto


Nel numero in edicola di "Panorama Economy" troverete un mio articolo intitolato "Il business resta in porto".
A questo link il sommario del numero di questa settimana.

IL BUSINESS RESTA IN PORTO

L'assessore regionale alle Attività produttive, Andrea Cozzolino, organizza un incontro tra imprese e operatori stranieri su una nave da crociera. Ma il progetto viene silurato da veti e gelosie.
di Giovanni lucianelli

Da «crociera delle eccellenze» a «Titanic del business»: il tutto in poco meno di un mese, il tempo necessario a far naufragare l'idea dell'assessore alle Attività produttive della Regione Campania, Andrea Cozzolino, di riunire per tre giorni piccole e medie imprese del terri¬torio e buyer stranieri su una nave, per sviluppare un circuito virtuoso di con¬tratti e scambi commerciali. Un'iniziativa andata a picco sotto le bordate dei colleghi di giunta, che hanno criticato la spesa, un milione di euro. interamente a carico delle casse regionali, e del mondo sindacale e imprenditoriale, i cui rappresentanti hanno lamentato uno scarso coinvolgimento.
Inevitabile il forfait della società cui era stata affidata l'organizzazione dell'evento, in programma dal 25 al 27 ottobre, nello scenario del Golfo di Napoli: Richmond Italia. Il motivo ufficiale sta nella mancata firma del contratto con Palazzo Santa Lucia, un ritardo che lo stesso assessore regionale ha motivato così: «Non è stato possibile siglare il contratto, perché Richmond non ha ancora for-malizzato lista e numero definitivo dei partecipanti, dato indispensabile per la determinazione dei costi e del contratto». È probabile, a questo punto, che le
parti finiscano in tribunale.
Il piano era ambizioso: a bordo di una delle ammiraglie del gruppo Msc - la «Melody» - avrebbero dovuto trovare ospitalità 120 rappresentanti di 60 aziende e 100 buyer (la metà stranieri, provenienti da Spagna, Francia, Gran Bretagna, Canada, Usa e Svizzera) per «valorizzare i rapporti con le piccole e medie imprese campane e potenziare le relazioni internazionali». In totale, oltre 400 i partecipanti a bordo, tra ospiti, relatori, rappre¬sentanti delle istituzioni e giornalisti. Sette i settori protagonisti (logistica, aerospaziale, filiera della casa, agroalimentare, riqualificazione del territorio, moda e biotech), ognuno caratterizzato da un prodotto o da un servizio di eccellenza «made in Campania».
La crociera era stata presentata in conferenza stampa agli inizi di ottobre con tanto di statistiche e di previsioni: poi, nel giro di qualche giorno l'iniziativa è «affondata». Prima sono arrivate le perplessità della stessa maggioranza di governo. L'unico a difendere Cozzolino è stato l'assessore al Turismo Claudio Velardi, che ha bollato come «provincialismo avvilente» le critiche alla manifestazione.
L'economista Mariano D'Antonio, titolare della delega al Bilancio, si è chiesto da dove arrivino i finanziamenti (un milione di euro), dal momento che nessuno lo ha avvisato del progetto. Confindustria Campania, Cisl e Confcommercio hanno lamentato il mancato «coinvolgimento del mondo associativo e sindacale nell'organizzazione del
l'evento». L'opposizione di centrodestra ha chiesto di annullare la crociera, a causa della crisi.Ma Cozzolino tira diritto: «Si fa così in tutto il mondo e ci attendiamo da questo appuntamento un grande ritorno, dal punto di vista dei contratti stipulati e delle relazioni intessute con i compratori internazionali, da parte delle imprese».
A conclusione di una settimana di litigi è arrivatala decisione di Richmond Italia di salpare verso altri lidi. Come probabilmente faranno quanti erano intenzionati a investire in Campania e che hanno avuto modo di intuire come si ragiona a queste latitudini.

Ottaviano, una rivista racconta la storia del boss Cutolo


Un altro articolo sulla collana "Vita da cattivi". Questa volta proviene dal portale "Il Mediano".

In edicola il bimestrale tascabile che ripercorre la vita criminale dei boss tra Napoli e Caserta, il secondo volume dedicato alla storia del boss di Ottaviano.

La storia del capo della Nco, in tutte le edicole di Napoli e Provincia. Questa l’iniziativa della Collana "Vita da Cattivi" diretta da Giovanni Lucianelli e Simone Di Meo; un percorso letterario per raccontare l’ascesa dei capi della malavita organizzata in tutta la Campania.

Il secondo volume dal titolo "Raffaele Cutolo, il creatore della Nco" vanta la prefazione del deputato Franco Barbato; al suo interno tutta la storia del capo della camorra ottavianese, fondatore della Nuova Camorra Organizzata ed attualmente in carcere condannato a nove ergastoli.
Il nuovo bimestrale tascabile è edito dalla ForumItalia Edizioni di Napoli e per i prossimi mesi continuerà a proporre le biografie dei personaggi della malavita campana, tra cui Vincenzo Mazzarella, il ras di San Giovanni a Teduccio.
Autore: Alessia Coscino

lunedì 29 settembre 2008

Un blog sulle Buone Notizie

Ho aperto un blog sulle Buone Notizie. Aspetto le vostre segnalazioni.

martedì 8 luglio 2008

Vendite (e regole) corrono sul filo


Il pezzo pubblicato questa settimana su Panorama Economy si occupa di teleselling. Un mercato che, in Italia, vale un miliardo di euro. Manca però un vero sistema di assistenza al cliente. Vodafone lo sta sperimentando, e i primi risultati positivi non tardano ad arrivare.

Ecco il link all'articolo.

VENDITE (E REGOLE)CORRONO SUL FILO
TELESELLING In Italia gli acquisti fatti tramite cali center valgono 1 miliardo di euro. Ma manca un vero servizio al cliente. Che Vodafone, invece, sta sperimentando. Con successo.
di Giovanni Lucianelli

La flessibilità non è precarietà e, soprattutto, il mondo del teleselling, cioè le vendite telefoniche, rappresenta, per dinamicità e prospettive di sviluppo, un importante volano per interi comparti dell'economia italiana: al bando, dunque, gli stereotipi che vogliono i call center come le nuove catene di montaggio del Terzo millennio. L'invito arriva da Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove il 18 giugno Vodafone Italia ha riunito docenti universitari, manager e rappresentanti sindacali per elaborare una nuova strategia per la regolamentazione di un settore che impiega circa 250 mila lavoratori per un fatturato annuo di 1 miliardo di euro.
«Ci sono 30 mila posti a rischio» ha denunciato Paolo Pirani, segretario confederale Uil, «e questo a causa della crisi e della mancanza di regole: stiamo assistendo a migrazioni di massa da parte di aziende che, per aggiudicarsi gli appalti, si trasferiscono in Paesi stranieri in cui non esistono controlli sui minimi salariali e sui vincoli contrattuali». Il rischio è impoverire il mercato in Italia e «provo-
care un cortocircuito nei sistemi di concorrenza, a tutto vantaggio delle società che non rispettano le regole». Da qui l'idea di dotare le società virtuose di un «bollino blu» di garanzia. Giorgio De Michelis, docente di informatica all'Università di Milano Bicocca, ha sottolineato invece la necessità di «un codice di qualità, che possa migliorare il grado di soddisfazione dell'utente finale e incrementare la comunicazione personalizzata, attraverso la nuova professione del "venditore a distanza".
Sul rapporto cliente-società ha battuto invece Manlio Costantini, direttore delle customer operation di Vodafone Italia, che ha illustrato il nuovo servizio di customer care della multinazionale della telefonia che permette all'utente, grazie ai dati contenuti in un sms identificativo, di poter telefonare sempre allo stesso operatore, «sviluppando così un durevole rapporto di fiducia con la società: questo è un progetto che sta riscuotendo un enorme successo».
Per Enrico Donati, fondatore di Des e Assist, società attive nella fornitura di servizi di teleselling, e Umberto Costa-magna, presidente di Assocontact, l'associazione dei call center in outsourcing, «occorre costruire un settore sostenibile, puntando su innovazione, qualità e risorse umane» e demolendo l'immagine distorta dei call center come «ca¬nali di vendita senza regole e tutele per il consumatore».


Autocondotta come punto di riferimento
Nel teleselling, cioè nelle vendite telefoniche, Vodafone ha adottato un codice di autocondotta che è diventato subito un riferimento obbligatorio per i propri operatori e per quelli dell'outsourcing e che si basa su tre specifici aspetti: definizione degli orari di contatto, chiarezza delle offerte e trasparenza dei prezzi. Cui aggiungere una sorta di «cassetta degli attrezzi» (fatta di script, procedure, strumenti e sistemi di controllo) e di piani incentivanti (remunerazione variabile in relazione al raggiungimento degli obiettivi), in grado di trasformare il «vecchio» operatore del cali center in un «customer care sales», cioè un venditore a distanza corretto e non invadente. Un agente di commercio, insomma, che usa il telefono come principale strumento di lavoro.

giovedì 19 giugno 2008

Una vita da cattivi: Francesco Schiavone

Esce il volume di "Vita da cattivi" su Francesco "Sandokan" Schiavone.
Tra i vari organi di stampa, la notizia è stata riportata anche da Casertasette.

UNA VITA DA CATTIVI:
FRANCESCO SCHIAVONE

Con intervista all’avvocato Michele Santonastaso.-

Elaborazione e commenti a cura di Ferdinando Terlizzi




Per la Collana “Vita da Cattivi“, diretta da Giovanni Lucianelli, ( a cura di Simone Di Meo e Vittorio Falco ), è uscito il primo numero dell’opera, dedicato a Francesco Schiavone: Sandokan.
Mentre prosegue quella dedicata ai camorristi napoletani: finora sono usciti i numeri dedicati a Eduardo Contini ( il boss in smoking, con prefazione di Sergio De Gregorio ) e quello a Luigi Giuliano ( il re di Forcella, con prefazione dell’on. Michele Florino, componente dell’Antimafia).
I volumetti tascabili – in bella veste tipografica – sono editi dalla ForumItalia Edizioni di Napoli e sono pubblicati quali supplementi della rivista omonima diretta da Emilia Velardi Colasanti il cui vice direttore è Simone Di Meo ( giornalista e autore, tra l’altro, di un interessante volume: “L’Impero della Camorra” – Vita violenta del boss Paolo di Lauro, padrino di Secondigliano”. Per i tipi della Nuova Narrativa Newton.
Il piano dell’opera dei boss napoletani prevede volumi dedicati a:
1. Giuseppe Misso, il padrino scrittore;
2. Raffaele Cutolo, il creatore della NCO;
3. Vincenzo Mazzarella, il generale dell’est;
4. Ciro Mariano, il sovrano dei Quartieri spagnoli;
5. Pietro Lago, l’impero del calcestruzzo;
6. Carmine Alfieri, il capo della cupola;
7. Vincenzo Licciardi, il secondiglianese;
8. Angelo Nuvoletta, il mafioso della sampania;
9. Mario Fabbrocino, il boss dei due mondi;
10. Ciro Sarno, il sindaco di Ponticelli;
11. Valentino Gionta, gli affari dell’area Sud;
12. Francesco Mallardo, il mago delle evasioni;
13. Francesco Schiavone, l’esercito di Sandokan.

Per le guerre di camorra e i segreti delle cosche
14. Sconsigliano
15. Portici.Ercolano
16. Sanità
17. Ponticelli
18. Forcella
19. San Giovanni a Teduccio
20. I tesori dei boss
21. Il vocabolario dei camorristi
22. La camorra Spa
23. I misteri dei clan

Mentre per quanto attiene invece alla collana dedicata ai boss casertani i volumi annunciati sono oltre a quello di Francesco Schiavone – Sandokan
1. Antonio Bardellino
2. Francesco Bidognetti
3. Augusto La Torre
4. Michele Zagaria
5. Antonio Jovine
6. L’offensiva dello stato
7. L’omicidio di Don Peppino Diana
8. Il processo Spartacus e primi pentimenti
9. L’Impero dei Casalesi
10. L’affare rifiuti Spa
11. Gli eredi dei Casalesi



IL BOSS COL MITO DI NAPOLEONE
Cinque anni vissuti nell'ombra, senza mai lasciare la sua terra. Lontano dai riflettori della cronaca, vicino, vicinissimo, agli affiliati e alla sua famiglia. Poi, l’arresto del capo dei capi della camorra casertana e la rivalsa dello Stato sullo strapotere della camorra che a Casal di Principe, Caserta e San Cipriano d'Aversa ha i volti e i nomi degli esponenti del clan dei Casalesi. La cattura di Francesco Schiavone, 54 anni capo indiscusso dell’organizzazione criminale nata alla fine degli anni Ottanta sulla scia della disfatta del gruppo di Antonio Bardellino segnò l'inizio della controffensiva dell'Antimafia in Terra di Lavoro. Innamorato del mito di Napoleone, Francesco Schiavone viene definito dagli inquirenti “una mente criminale di primissimo livello”, capace di intessere rapporti di affari con la politica e con gli imprenditori, di gestire flussi economici di portata milionaria e di imporre il suo potere di capoclan feroce astuto su un territorio tanto vasto quanto ambito dai sodalizi più forti della camorra campana, godendo dell’appoggio di esponenti della vita politica locale. Il primo arresto di Sandokan risale al 1972, quando Schiavone aveva appena 18 anni. Fu fermato per detenzione abusiva di armi, ma già si sospettavano legami con la criminalità organizzata. Come il padrino mafioso Totò Riina, anche Schiavone iniziò da giovanissimo ad inseguire il sogno di diventare un uomo d'onore. Disposti a tutto, pur di arrivare a brillare nel firmamento dei boss. Privi di scrupoli, senza porre alcun limite nella ricerca del denaro e del potere. E come Riina, Schiavone non si separò mai dalla sua famiglia: concepì due dei suoi sette figli durante la latitanza, sfidando a viso aperto lo Stato. L'ultima. figlia nacque nel marzo del 1997 nella clinica Ruesch di Napoli. ( N.d.R. Un figlio si è sposato proprio l’altro giorno in concomitanza con il funerale di Michele Orsi). Ma non furono questi gli unici punti di contatto tra il boss dei Casalesi e il padrino di Cosa nostra. Schiavone e Riina condivisero la cella nel carcere dell’Asinara. Con loro anche Augusto La Torre (poi passato a collaborare con la giustizia) e Luigi Venosa entrambi ritenuti capi dei clan che da loro prendono nome e che, negli anni Novanta, si opporranno proprio ai casalesi.
27 marzo 2008
Processo Spartacus in appello
"Gestione poco chiara dei pentiti"
Minaccia in aula, parla l'avvocato
Michele Santonastaso ( di Giorgio Amadori )


Nell'aula bunker del carcere di Poggioreale a Napoli giovedì 13 marzo è scoppiato un putiferio. L'avvocato Michele Santonastaso. difensore dei boss della camorra Francesco Bidognetti e Antonio lovine, ha letto ai giudici, tutto d'un fiato, 60 pagine con cui chiedeva di trasferire, per legittimo sospetto, il processo Spartacus contro il clan dei Casalesi. Il legale ha snocciolato intercettazioni e documenti, sconosciuti ai più, per dimostrare come i pentiti concordassero tra loro le proprie testimonianze. Non basta. Nelle trascrizioni d quattro telefonate, un collaboratore di giustizia, Carmine Schiavone. come riportato da Panorama, riferiva di pressioni “per accusare Berlusconi”. Ma tutto questo è passato in secondo piano. Il motivo? L'avvocato Santonastaso ha commesso una ingenuità e ha firmato le sue accuse a giornalisti (tra cui Roberto Saviano. autore del saggio Gomorra ) e magistrati (in particolare il pubblico ministero Raffaele Cantone) per nome e per conto dei due boss che difendeva. E le carte segrete del difensore sono immediatamente diventate per media e inquirenti un attacco della camorra alle istituzioni. Risultato: una cronista citata nell'atto e finita sotto scorta e la procura ha affidato a un gruppo di magistrati l'incarico di ricostruire i fatti e verificare l'entità delle presunte minacce. Stigmatizzate persino dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

D) Avvocato Santonastaso, un bel pasticcio?

R) E’ proprio così. Anche perché su 60 pagine, dalla stampa sono state sottolineate solo poche espressioni come “giornalista prezzolata” o «magistrato alla ricerca di pubblicità». Forse oggi non le userei più.

D) II problema è che quelle parole sono finite in bocca
a due boss della camorra.

R) La richiesta di rimessione la potevo fare solo per conto dei miei assistiti.

D) Ma poteva evitare di indicare i nomi dei giornalisti.
Adesso dovranno vivere sotto protezione.

R) Nell’istanza che è un atto giudiziario e non un bando ho citato tre articoli che lanciavano sospetti di collusione con la camorra su giudici e avvocati. Anche i cronisti dovrebbero misurare le parole.

D) E’ vero che ha lasciato la difesa dei suoi clienti a
causa delle polemiche?

R) La mia decisione nasce da una riflessione: le carte che ho depositato dimostrano che i collaboratori di giustizia subiscono pressioni e sollecitazioni e che quindi e impossibile una difesa serena.

D) Vuole scatenare altre polemiche?

R) No, ma mi lasci spiegare. I documenti provano che
numerosi pentiti, durante i processi, a cavallo delle udienze, erano in contatto tra loro, concordavano dichiarazioni accusatorie, riferivano di presunti accordi presi tra giudici e pm. E che fa la procura? Sembra che indaghi sulla mia istanza.

D) Ammetterà che il tono era sbagliato...

R) Probabilmente sì. Solo che a scrivere ero io e non i miei clienti. I Casalesi non hanno minacciato nessuno, non avrebbero potuto farlo tramite me. Non conoscevano neppure una parola della mia richiesta. L'ho terminata mercoledì notte, chiuso nel mio studio, e poi giovedì, l’ho letta in aula. Purtroppo le polemiche hanno oscurato la sostanza del mio lavoro. E ora sugli episodi che ho denunciato, compresa la vicenda che riguarda Berlusconi, c’è il rischio che non indachi più nessuno”.

( Nota di Ferdinando Terlizzi )

Nelle 60 cartelle lette dall’avvocato Santonastaso in aula per chiedere la legittima suspicione del processo d’appello – detto Spartacus – in favore dei suoi assistiti Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, c'è chi ritene che non vi è una sola parola o un solo rigo di minacce nè contro i giornalisti né contro un preciso pubblico ministero.
Chi si faccia a leggere – ben collegando il cervello con la bocca – riporterà chiara l’impressione che vi è stata una interpretazione (affrettata, errata o voluta ) da parte di molti. La chiave di lettura di tutta l’istanza è raccolta nell’accusa dei due imputati nei confronti di chi ha manovrato i pentiti a proprio piacimento. Ma questo nessuno lo ha riportato o scritto… Per quanto riguarda l’ipotesi formulata dall’avvocato Santonastaso – che starebbero indagando contro di lui e non contro i sospettati di abusi vari – dobbiamo assolutamente dargli ragione e in proposito ci viene in mente il comportamento di un piemme della procura sammaritana degli anni Ottanta, il quale si scriveva lettere anonime e indagava a suo piacimento. Non solo – ma – appena riceveva una querela per diffamazione – specialmente contro un giornalista dell'epoca – iniziava immediatamente una indagine contro il querelante. Niente di nuovo sotto il sole caro avvocato Santonastaso…

mercoledì 11 giugno 2008

In Campania non tutto è da buttare

"In Campania non è tutto da buttare" è il titolo dell'articolo pubblicato sul numero di Panorama Economy in edicola e scritto a quattro mani con il collega Gianluca Ferraris. Nella nostra regione, oltre alla crisi rifiuti, c'è anche altro. E parte di questo altro è dedicato proprio a contribuire alla risoluzione dell'emergenza.

giovedì 13 marzo 2008

La prima enciclopedia dedicata alla camorra

Dal Corriere Adriatico e dall'Associazione Cuntrastamu

Sarà presentata oggi, alle ore 12, nella Saletta rossa della storica Libreria Guida a Port'Alba, a Napoli, la prima enciclopedia della camorra napoletana. Si tratta di 25 volumi dedicati ai boss più temuti e potenti degli ultimi anni e alle faide che hanno insanguinato il territorio partenopeo. L’opera si intitola Le biografie criminali dei boss della camorra. La collana I Cattivi, a cura dei cronisti Simone Di Meo e Vittorio Falco e diretta dal giornalista Giovanni Lucianelli, si apre con la biografia criminale di Eduardo Contini, il padrino del centro storico di Napoli, inserito dal Viminale nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia, capo incontrastato di un impero da centinaia di milioni di euro. La prefazione del primo volume è stata scritta dal senatore Sergio De Gregorio, autore di una famosa intervista al pentito di mafia Tommaso Buscetta sulla nave da crociera Monterey e attuale presidente della Commissione Difesa del Senato. Ogni volume sarà introdotto da una prefazione, che sarà affidata a esponenti del mondo politico, culturale e della società civile, che descriverà i tratti salienti del personaggio e i suoi contatti con la realtà partenopea. E' un’iniziativa - ha sottolineato Giovanni Lucianelli - che non ha intenti apologetici, al contrario: vogliamo raccontare l’attualità di un male che dilaga e che rappresenta uno dei cancri di un popolo che sta tentando, tra mille difficoltà, di risalire la china. Ed è probabilmente soltanto conoscendolo, che si potrà davvero batterlo.

In un contesto delinquenziale - hanno aggiunto Di Meo e Falco - mutabile e mutevole come quello partenopeo, in cui finanche le relazioni investigative sono in ritardo rispetto ai veri assetti dei clan di camorra, spesso si predilige raccontare dell’ambiente e poco dei personaggi. Abbiamo cercato di invertire la tendenza.

giovedì 6 marzo 2008

Ascesa e caduta di un boss, Simone Di Meo racconta la vita di Paolo Di Lauro

link
Aniello, scendi, c’ho quella roba per te”. Tutto inizia così, con uno squillo al citofono e una sventagliata di mitra esplosa dietro l’astuzia di una partita di gioeilli da piazzare. Aniello La Monica ha poco più di quarant’anni quando viene ammazzato all’uscita di casa. E’ il boss di Secondigliano, fa parte della “Nuova Famiglia”, il cartello che si oppone all’esercito di Raffaele Cutolo. Ma non è il ‘professore’ di Ottaviano. a volerlo al camposanto. La Monica è la prima vittima di un nuovo e spietato gruppo criminale che di lì a poco sarebbe salito ai vertici della camorra: il clan di Paolo di Lauro. La Monica era rimasto vittima di quelli che considerava i suoi figli, perché anche un camorrista si deve fidare di qualcuno. Ma si era fidato delle persone sbagliate. A raccontare le vicende e gli intrighi del clan di via Cupa dell’Arco, a Secondigliano, è il libro “L’impero della camorra. Vita violenta del boss Paolo Di Lauro”, di cui è autore il giornalista Simone Di Meo. Edito da Newton Compton, il volume è stato presentato ieri alla libreria “Fnac” nel corso di un incontro col pubblico, coordinato dal giornalista Giovanni Lucianelli e al quale hanno preso parte anche l’ex pm, Luigi Bobbio, e il suo collega Giovanni Corona. Per l’autore è fondata la denuncia della Commissione Antimafia sull’invasività della camorra nei sistemi economici della nostra regione…

sabato 1 marzo 2008

Vita e opere di Ciruzzo il re di Secondigliano


Articolo di La Repubblica sul libro "L'impero della camorra" scritto dal collega Simone Di Meo, che sarà presentato da Fnac martedì 4.

Un tale Aniello La Monica. Lui, l' ennesimo, anonimo per gli italiani ma non per i clan di camorra, governante occulto di Napoli, viene ammazzato da una sventagliata di mitra un giorno di vent' anni fa davanti a casa sua. Scena modello I soliti sospetti. Vent' anni dopo le confidenze di autorevoli fonti ai cronisti cominciano a parlare in un certo modo di un camorrista "anomalo" sin dal battesimo: Paolo Di Lauro, nome borghese al quale si sostituisce un soprannome più in carattere con l' ambiente e le bische e i casinò di cui è appassionato: Ciruzzo 'o milionario. La sua fedina penale per anni è quasi immacolata, a parte una multa per eccesso di velocità. Simone Di Meo comincia il suo racconto che fluisce libero, senza accelerazioni e senza corti circuiti, non puntando su leggende metropolitane, ma attenendosi solo ai fatti, dagli anni subito a ridosso del terremoto dell' 80. Comandano i Nuvoletta, Poggio Vallesana, a Marano, tranne il nome, ha poco di salubre. Il fiduciario della Nuova Famiglia, clan che si oppone alla Nco di Cutolo segando in due i territori dei poteri criminali in Campania, è quel La Monica. E per tentare la scalata bisogna farlo fuori. Lo capisce prima degli altri Paolo Di Lauro. Costui ha tutto per riuscire: è educato e apparentemente conciliante come un altro boss che sapeva trattare e spartire con i politici, Pasquale Galasso; ha negli occhi la crudezza e il gelo di Totò Riina. Trovano una scusa, la contabilità sbagliata, e fanno fuori il fiduciario di don Aniello Nuvoletta. Il boss naturalmente è consenziente: il segno che il clan ha rotto anche con il referente di La Monica, Zaza. è il segnale di un' intuizione. La fine dell' impero del contrabbando, l' inizio dell' era della droga. La Monica non voleva "la roba" nel suo territorio. La Monica era vecchio, andava eliminato. La scalata di Di Lauro comincia da qui. Il personaggio è anomalo e resta tale: non sa sparare, nasce come magliaro - vende corredi e giubbotti di pelle in giro per l' Italia per conto della camorra - sa star zitto come nessuno, virtù principale per chi aspira a comandare. In più, invece di impelagarsi in ogni zuffa di quartiere, si mostra disponibile e divide i guadagni con chi tenta di mettergli i bastoni tra le ruote. Il racconto scorre sotto forma di lunga confessione di un pentito di camorra a un pm della Procura antimafia. Significativo il dialogo: «A Napoli gli imprenditori veri non esistono - spiega il pentito - Gli unici imprenditori veri rimasti in Italia sono camorristi e mafiosi». E al magistrato che rintuzza a Di Lauro omicidi e droga, risponde: «è un imprenditore capace, perché quello che ha fatto lui pochi altri sarebbero in grado di ripeterlo». La frase rivela che senza mitizzazione non si ha meta-letteratura della camorra. Se di Scarface non si fosse mostrato il volto maledetto ma "epico", sporco ma coraggioso, sempre preso nelle maglie di giudizi ambigui, lasciandolo alla fine solo contro tutti (captatio benevolentiae estrema) non si sarebbe dato il "capolavoro". Così Saviano fantastica di cadaveri cinesi ammucchiati in silos, mostrando quanto sia diventato sottile il confine tra letteratura e cronaca. Ma al tempo stesso "esporta" una storia della camorra ad usum delphini che fa chiaro il concetto di una imprenditoria su larga scala, contro la vecchia idea del controllo del territorio per bande. "L' impero della camorra" di Simone Di Meo pare sia più ispirato a Joe Marrazzo che a "Gomorra", ma di lui Saviano dice: "A Di Meo non piace pontificare, né addentrarsi nella fenomenologia dei clan. Gli piacciono i fatti...". Il libro si presenterà martedì alle 18 alla Fnac (via Luca Giordano 59) con Giovanni Corona, Luigi Bobbio e Giovanni Lucianelli. - STELLA CERVASIO

venerdì 22 febbraio 2008

Il 4 marzo la presentazione del libro "L'impero della camorra"


link

Presentazione del libro "L’impero della Camorra di Simone Di Meo - NAPOLI - Martedì 4 Marzo - ore 18,00 Con l’Autore intervengono: Giovanni Corona - magistrato - ex sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli - Luigi Bobbio - magistrato - ex sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli e già senatore della Repubblica - Modera: Giovanni Lucianelli - direttore di Forum Italia.

Nella Napoli soggiogata dalla violenza di Raffaele Cutolo e dalle disgrazie del terremoto del 1980 – nella regione in cui un discusso politico rapito dalle Brigate rosse viene liberato, mentre è ucciso il coraggioso capo della squadra mobile che sta indagando sul patto scellerato tra Stato e camorra – un giovane decide di diventare il capo incontrastato della Cupola.

Comincia così la carriera criminale di Paulo Di Lauro, “Ciruzzo ’o milionario”: il boss che, da un’anonima stradina del quartiere di Secondigliano, dichiara guerra ai clan più potenti della Campania. Venti anni dopo, lo Stato inserirà Di Lauro nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi di tutti i tempi, braccandolo in tre continenti. Ma intanto “Ciruzzo” vince le sue battaglie, disseminando di morti il suo cammino e accumulando, grazie alla droga, un patrimonio che non ha eguali nel mondo della criminalità organizzata: palazzi, casinò, supermercati, aziende di abbigliamento, boutique, complessi turistici e centri commerciali disseminati ovunque.

Un impero di paura, di sangue e di denaro sporco su cui “il re della camorra” regna incontrastato. Una guerra senza esclusione di colpi che oppone la criminalità organizzata napoletana a un manipolo di poliziotti coraggiosi: un’ininterrotta scia di sangue e omertà raccontati per la prima volta da un libro avvincente come un romanzo e inquietante come la verità.

Simone Di Meo, napoletano, 27 anni, giornalista professionista, è laureato in Scienze della comunicazione. Ha lavorato al quotidiano «Cronache di Napoli» e al network televisivo Italiamia, occupandosi dei principali fatti di cronaca nera e giudiziaria e, in particolare, delle guerre di camorra degli ultimi anni. Ha curato, per il canale satellitare Italiani nel mondo Channel (Sky 888), approfondimenti e speciali sulla criminalità organizzata, sullo scandalo calcio-scommesse e su fatti e personaggi della politica nazionale. Vicedirettore del mensile «ForumItalia» e addetto stampa del presidente della commissione Difesa del Senato, collabora con riviste economiche e politiche a diffusione nazionale .